Oleg il matto, e la sua betulla

Oggi vorrei parlarvi del bizzarro pianista e compositore Oleg Karavaychuk (Kyiv 28 December 1927 – 13 June 2016).

Formatosi stilisticamente al conservatorio di Leningrado sotto la guida di Shostakovich e Sviatoslav Richter, passò la sua intera vita a comporre e suonare musica per colonne sonore (spesso esibendosi per Stalin stesso), non abbandonando mai la sua peculiare idea di musica, concepita come incessante utilizzo dell’improvvisazione, in cui le dissonanze (anche molto ardite) si contrappongono quasi per magia a consonanze invece più classiche e tradizionali.

Oleg, a causa del suo aspetto stravagante e delle sue originali abitudini, venne poi soprannominato “il pazzo”, dagli abitanti del suo villaggio, che lo vedevano spesso vagare per il parco con i suoi carismatici occhiali da sole, i suoi eccentrici cappelli che a stento coprivano la sua folta chioma, ed i suoi lunghi pantaloni dai colori più arditi. A dire il vero poi, nonostante le apparenze, egli non era affatto un tipo trasandato, ma anzi si vestiva a quel modo per precise ed inconfutabili ragioni personali che avevano una loro particolare e stringente logica. Tanto per farvi capire di che pasta era fatto il tipo, egli sosteneva che il pianista dovrebbe sempre indossare delle maglie di lana, perché la lana è un elemento naturale e non industriale, e che quindi stando a contatto con la nostra pelle, consentirebbe di veicolare meglio delle vibrazioni positive e salutari al nostro corpo! Un tipo eccentrico dunque, che sembrava appena uscito da un romanzo di Gogol, e che di certo non passava inosservato tra gli abitanti del suo villaggio.

Ebbene il nostro Oleg, grande amante della natura (come tutti i buoni russi d’altronde), era solito passeggiare nel bosco limitrofo alla sua casa estiva, fino a raggiungere il suo luogo del cuore prediletto, una radura, dove svettava elegante, un’alta e fiera betulla. Tale betulla, rappresentava per lui una sicura fonte d’ispirazione, oltre a suscitargli i ricordi più dolci e cari che un uomo possa mai serbare nel profondo del proprio spirito; un vero balsamo per la sua anima inquieta dunque.

Un giorno accadde però, che giunto finalmente nella sua radura prediletta, non vide più la sua betulla. Toltosi immediatamente i suoi spessi occhiali, sbigottito e incredulo, guardò meglio nella stessa direzione in cerca di qualche indizio, ma… nulla! Della sua betulla non era rimasta traccia. A quel punto, Oleg, in lacrime, e con il cuore gonfio di dolore, fece ritorno a casa, dove per qualche giorno si rinchiuse nel mutismo più assoluto e senza voler ricevere alcuna visita.

Trascorse due settimane, in paese, venne a sapere che il suo vicino di casa aveva tagliato la betulla per riutilizzarla come rivestimento per le pareti della sua sauna casalinga…

Alla figura leggendaria di Oleg Karavaychuk, l’ultimo dei pianisti improvvisatori di musica classica, sono stati dedicati film e documentari; numerosi sono i video delle sue performance musicali che potete trovare anche in rete… ma… la storia della sua betulla non finisce qui.

Alcuni anni dopo la morte di Oleg, uno sconosciuto pianista della provincia di Roma, tale Paolo “Zafìs” Zapparoli, nel disperato tentativo di far resuscitare la suddetta betulla, compose un brano dal titolo “La betulla di Oleg”.

Leggenda vuole che oggi, in quella stessa sperduta radura russa, una magnifica betulla sia tornata a svettare più alta che mai, e che ad ogni folata di vento, il suo melodioso frusciare riveli inequivocabilmente il lamento di Oleg…

2 commenti

  1. marco fraschetti ha detto:

    stupendo

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  2. marco fraschetti ha detto:

    sei un grande maestro

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